Interessante l’articolo sul Sole 24 Ore riguardo quello che ci insegna la “caduta” di MySpace. Sappiamo bene come è andata; il braccio di ferro tra i due giganti si sta chiaramente risolvendo a favore di Facebook, decretendone la vittoria, ormai indiscussa, come social network “di riferimento”. Praticamente uno standard.
Su qualche aspetto dell’articolo, tuttavia, ho delle riserve. Dalla lettura del pezzo, difatti, si ha l’impressione che Facebook abbia vinto per la sua intrinesca semplicità, mentre la possibilità elevata di personalizzazione di MySpace abbia invece giocato negativamente sulla sua diffusione.
Ecco, non ne sono proprio proprio convinto. Mò ve spiego...
Intanto mi pare che la semplicità di Facebook sia soltanto apparente; in realtà le opzioni di personalizzazione e le possibilità espressive sono abbastanza ampie, anche se molte “nascoste” abilmente sotto il tappeto. Postare video ed altro materiale multimediale in maniera molto facile, dare il like anche ai commenti (gradevolissima funzione), condividere facilmente i post e le foto di altri, taggare le persone nelle foto... Tutti esempi di potenzialità piuttosto alte e di notevole flessibilità, a pensarci bene.
A ciò possiamo aggiungere i gruppi e le “pagine”. Questa è una vera trovata di Facebook sviluppata in maniera funzionale, e si dimostra uno strumento efficacissimo per creare e mantenere una community intorno ad un tema o ad una pagina web (quella del nostro sito cugino GruppoLocale ha al momento 625 fans); presenta inoltre per gli amministratori un set di strumenti di analisi traffico di tutto rispetto e completamente gratuiti.
MySpace, per quel poco che ci ho giocato, non mi sembrava altrettanto flessibile (magari non ho colto qualcosa, lo ammetto). Certo, potevi cambiare i colori e il tema della tua pagina, mentre Facebook è rigidissimo in questo. Ma per il resto ho maturato l’impressione che Facebook sia uno strumento pià agile (non necessariamente più semplice) per interagire con altre persone. Evidentemente, non sono stato il solo.
Poi, è vero che gioca anche una sorta di effetto gravitazionale, più gente si condensa intorno ad un servizio, più ne viene attirata altra. La standardizzazione non è necessariamente solo un impoverimento, ma apre possibilità inedite. Tanto per dire, se ora voglio interagire con i simpatici mattacchioni della trasmissione radio 610 (Sei Uno Zero) su Radio Due, oppure con i più seri ma gradevolissimi conduttori di Ben Fatto (Radio Uno) che faccio? Vado su Facebook. E Il ruggito del coniglio (ancora Radio Due) dove lo mettiamo? Praticamente ogni trasmissione radio o televisiva ha la sua pagina. Se poi voglio scambiare due chiacchere con il gruppo che fa Pilates nella mia palestra, che faccio? Vado su Facebook. Idem per i colleghi di lavoro, per l’amico delle scuole medie. Caspita, trovi tutto lì, ormai.
A proposito... Ieri ho visto il film, intelligente e molto garbato, “Che bella giornata”. Beh, lo sapete che fa il protagonista Checco Zalone per cercare la ragazza che ha incontrato per caso (o così almeno lui pensa)? La cerca su Facebook, come prima cosa (sulle note di una gustosissima canzone "Se mi aggiungerai": "«Se inventavo io Faceboòk una regola avrei messa, niente foto sul profilo se sei cessa…."). Efficace fotografia della realtà attuale!
Facebook ha una discreta "parte" anche nel recente film di Checco Zalone "Che bella giornata" |
Chiaro che questo può avere aspetti discutibili o margini di “allarme” per il fatto che tutto questo traffico di idee e parole passi per una sola piattaforma, con il potere enorme che si trova tra le mani chi l'ha creata o la gestisce. Ma non si può negare che questa si sia dimostrata finora in grado di fare fronte alle esigenze di connessione sociale proprie di questa epoca.
Un altro aspetto, marginale ma non troppo, che non viene menzionato nell’articolo del Sole 24 ore. La pubblicità. Quella di MySpace l’ho trovata da subito troppo invasiva e assai fastidiosa, con quel grosso banner centrale che campeggiava in ogni pagina. Facebook di pubblicità ne ha, nemmeno troppo poca. Eppure sembra abbiano trovato un modo per far si che non sia troppo fastidiosa. A volte neppure si nota troppo, con quei piccoli box a lato. Sono certo che l’avversione del fondatore Mark Zuckerberg ai banner pubblicitari (chiaramente documentata nel libro “The Facebook Effect”) abbia avuto un peso, in questo senso. E secondo me ha fatto, insieme ad altre cose, la differenza.
Per il resto, tutto si muove molto velocemente, sul web. Appena ieri Yahoo era il gigante indiscusso della rete, oggi è per molti versi quasi allo sbando. Che succederà a Facebook, nel medio/lungo termine?
Del domani non vi è certezza, soprattutto sul web...